La libraia è tornata! Dopo la pausa per le festività natalizie, eccomi di nuovo sul sito per la prima recensione libresca del 2022. Ti parlerò di un romanzo intenso, a tratti crudo, che narra una parte di storia rimasta sepolta troppo a lungo.
Fin dalla sua pubblicazione nel febbraio 2021 grazie alla casa editrice E/O, “Il ballo delle pazze” dell’autrice francese Victoria Mas ha suscitato in me un misto di interesse e curiosità. Per qualche ragione però ne ho sempre rimandato la lettura, almeno fino allo scorso dicembre. Sapevo che avrei avuto bisogno di un tempo lento e lontano dalle incombenze quotidiane per potermi concentrare a pieno su questa storia, e quale momento migliore delle vacanze?
Le alienate: donne scomode e rifiutate
“Il ballo delle pazze” è un romanzo breve, di circa 180 pagine, che come dicevo poc’anzi narra un pezzo di storia quasi sconosciuto ai più, o comunque poco approfondito.
Siamo a Parigi nel 1885. Nell’ospedale psichiatrico della Salpêtrière vengono ricoverate tutte le donne considerate isteriche, le cosiddette “alienate”. Si tratta in realtà per lo più di donne anticonformiste, ribelli, che non accettano i ruoli imposti dalla società, e che quindi vengono rifiutate e abbandonate dalla propria famiglia: in particolare sono i padri, i mariti o i fratelli a decidere di rinchiuderle per sempre all’interno della struttura.
A capo dell’ospedale c’è il famoso dottor Charcot, colui che conduce esperimenti di ipnosi e isteria sulle pazienti, dando spettacolo ad altri medici, giornalisti e curiosi che vi assistono di volta in volta: è proprio grazie a queste lezioni che la medicina e la scienza possono fare progressi.
È in questa “prigione” che conosciamo le nostre quattro protagoniste: Geneviève, la capo infermiera, Thérèse, la decana delle internate, Eugénie, che ha il dono di comunicare con i defunti, e la sedicenne Louise, la cui vita è stata sconvolta dalle ripetute violenze subite.
Le loro storie si intrecciano all’interno di una narrazione fluida e molto coinvolgente. Seguiamo le vicende e il passato delle quattro donne confinate all’interno di questo ospedale perché considerate pazze. La famiglia le ha rifiutate, non vuole più avere niente a che fare con loro. Ma loro sono donne forti, che non si arrendono e lottano ogni giorno per venire riconosciute in quanto esseri umani.
Il ballo di primavera
La narrazione ruota intorno a uno degli eventi più attesi e importanti che si svolgono all’interno dell’ospedale: il ballo di mezza quaresima, che dà appunto il titolo al libro. C’è grande fermento e le pazienti non vedono l’ora di poter scegliere i costumi con cui faranno bella mostra di sé. Già, perché a questo grande ballo sarà presente tutta la crème di Parigi, gli uomini illustri e gli aristocratici, affascinati dall’incontro con la follia e la perdizione, purché relegate all’interno di una cornice sicura e protetta. Le pazze sono quindi chiamate a dare spettacolo, un’occasione d’oro per potersi far conoscere e ritrovare una parvenza di normalità. Ma sarà proprio durante il ballo che qualcuno farà cadere la propria maschera, sfidando le regole e le convenzioni dell’epoca.
La narrazione si svolge tutta tra il febbraio e il marzo del 1885. L’idea iniziale che mi ero fatta era che il libro fosse incentrato per lo più sull’evento del ballo, e invece mi sbagliavo. Il ballo diventa quasi un pretesto per raccontare ciò che succede all’interno della Salpêtrière e creare una sorta di suspense fino al grande giorno. Lo spettacolo infatti viene descritto solo verso la fine del libro, un espediente che ho trovato molto interessante: ciò che interessa all’autrice infatti non è tanto la descrizione di ciò che avviene durante quella serata, ma piuttosto le condizioni in cui erano costrette a vivere le donne che venivano internate. I loro sentimenti, le sensazioni, le emozioni, le rivalità, le amicizie e la lotta per la sopravvivenza fisica e mentale.
I ruoli imposti dalla società
“Il ballo delle pazze” è un inno alla libertà e alla forza delle donne, ambientato in un periodo in cui la società francese (e naturalmente non solo) era ancora fortemente dominata dagli uomini. C’era una differenza abissale tra quello che potevano svolgere gli uomini e ciò che potevano fare le donne ma anche i primi, a volte, dovevano corrispondere alle aspettative sociali, pena l’estromissione dalla cerchia delle persone rispettabili. L’esempio più eclatante è il fratello di Eugénie che, pur soffrendo per l’internamento della sorella, inizialmente è costretto a tacere per il bene della famiglia e per non correre rischi. Ho amato il suo personaggio per il coraggio che ha poi dimostrato nel ribellarsi ai dettami della società, andando quindi contro la figura paterna.
Pur trattandosi di un’epoca abbastanza lontana dalla nostra, ho empatizzato molto con le donne della Salpêtrière, in particolare con Eugénie e l’infermiera Geneviève. Quest’ultima è una donna in apparenza austera e impassibile, una donna che ha sempre e solo creduto nel potere della scienza, ma che nasconde una grande fragilità: il suo ribaltamento di ruolo sarà sorprendente e alla fine ti ritroverai a volerle un gran bene e a tifare per lei.
Eugénie diventa davvero come un’amica. È forte e indipendente. Non è contenta del suo dono, ma allo stesso tempo non lo rifiuta, e di una sola cosa è certa: non è assolutamente pazza. Ciò che mi ha colpito è stata la descrizione che l’autrice fa nel momento in cui la ragazza viene portata all’interno dell’ospedale: accompagnata con l’inganno dal padre e dal fratello, si percepisce chiaramente tutta la delusione e la sofferenza per il tradimento subito.
Dare voce alle donne
Con una narrazione in terza persona, “Il ballo delle pazze” è un romanzo intenso e travolgente capace di dare voce a tutte quelle donne che non venivano ascoltate. Victoria Mas ha voluto dare visibilità alle donne usate come cavie per gli studi di neurologia di Charcot: ogni vicenda porta con sé un’eredità con cui ci troviamo poi a fare i conti, e ciò che accadeva nel 1800 non è poi tanto distante da quello che spesso accade ancora oggi nel mondo. Non esistono più i manicomi femminili ma purtroppo le donne, in molti paesi, vengono ancora considerate inferiori agli uomini e subiscono violenze fisiche e psicologiche all’interno della propria famiglia.
Questa storia così incredibile e crudele mi ha tirato un pugno nello stomaco, mi ha colpito la fragilità e al tempo stesso la tenacia delle protagoniste ma anche il paradosso della borghesia. Una società che bada più alle apparenze che alla sostanza, che vuole rinchiudere le proprie donne perché le considera pazze, ma che allo stesso tempo è curiosa di vedere i loro comportamenti all’interno dell’ospedale, considerandole quasi come uno spettacolo erotico di cui bearsi.
La reputo una lettura necessaria per conoscere e scoprire ciò che è stato e per prendere consapevolezza anche del presente. Di recente, poi, l’originale “Le bal des folles” è diventato anche un film, per la regia di Mélanie Laurent, disponibile in esclusiva su Amazon Prime Video.
L’autrice
Francia, classe 1987. Dopo una laurea e un master a La Sorbonne, Victoria Mas ha scritto “Il ballo delle pazze”, suo romanzo d’esordio, pubblicato nel 2019 e arrivato in Italia nel 2021, grazie alla casa editrice E/O. Questo suo primo, e al momento unico, libro è diventato un vero e proprio caso editoriale in Francia e ha già vinto numerosi e importanti premi letterari.
L’idea per questo romanzo le è venuta un giorno, per caso, mentre accompagnava un suo amico al centro ospedaliero Pitié-Salpêtrière. Victoria è rimasta subito colpita dall’edificio, dalla sua architettura, da ciò che restava dell’originaria fabbrica di polvere da sparo del 1600. Mossa dalla curiosità, ha iniziato a fare ricerche approfondite scoprendo così che la Salpêtrière era stato prima un carcere femminile e in seguito si era trasformato in un ospedale psichiatrico in cui venivano internate le donne considerate alienate.
“Da quella prima visita è passato un anno durante il quale è maturato il desiderio di scrivere un romanzo. Ho potuto raccogliere ritagli di giornale del periodo. Ho potuto riflettere sulla vita di Augustine e di Blanche Wittman, due famose pazienti del dottor Charcot. Infine, ho trascorso molto tempo a setacciare l’iconografia della Salpêtrière, e questo mi ha permesso di immaginare queste donne incarnate e su carta”.
Ciò che ha fatto l’autrice è stato dare un volto e una voce a queste donne, non vittimizzarle ma dare loro forza, volontà, aspirazioni e obiettivi. Ha voluto ridare loro l’umanità che gli era stata tolta. Il romanzo infatti non è una semplice sequela di dolore, ingiustizie e patemi ma una vicenda forte e dinamica che ci permette di immergerci profondamente e di provare rabbia, commozione e solidarietà nei confronti delle protagoniste.
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