“Padri”, il nuovo romanzo dell’autrice abruzzese Giorgia Tribuiani, è uscito a febbraio 2022, pubblicato da Fazi Editore.
Ne sono rimasta colpita fin da subito e, leggendo la trama, il desiderio di lettura è diventato sempre più forte. Mi sono dunque immersa in questo romanzo molto particolare, che mescola elementi reali ad altri decisamente più surreali e indaga la profondità ma soprattutto la fragilità dei rapporti umani, in particolare di quello tra padri e figli.
Quando qualcosa si spezza profondamente, è davvero possibile concedere una seconda possibilità?
Perdersi per poi ritrovarsi
Alba Adriatica, paese sulla costa abruzzese. In un giorno di primavera qualunque, Diego Valli si presenta alla porta di casa o meglio, di quella che crede essere casa sua. Sulla soglia però si affaccia Oscar, che sulle prime stenta a riconoscerlo. Chi è quell’uomo vestito in modo strano e cosa ci fa sul suo pianerottolo? Dopo essere deceduto in giovane età e aver lasciato una moglie e un figlio piccolo, Diego, dopo quarantadue anni, è miracolosamente e inspiegabilmente risorto: ha la stessa età e gli stessi vestiti di quando ha lasciato la sua famiglia.
Dopo un primo momento di titubanza, Oscar non ha dubbi: quello è sicuramente suo padre! La moglie Clara però non è dello stesso avviso e, arrabbiata e infastidita per quell’incursione improvvisa, preme affinché quell’uomo sconosciuto, il “barbone” come lo definirà spesso nel corso della storia, se ne vada il più in fretta possibile.
Oltre a Oscar, l’unica a fidarsi subito di Diego è la nipote Gaia, rientrata nel frattempo da Roma per le vacanze. Di nascosto dalla madre, la ragazza trascorre molto tempo insieme al nonno e scopre di avere molte più cose in comune con lui che con il genitore; allo stesso tempo, Oscar scopre dei lati di suo padre che forse non avrebbe mai voluto conoscere.
Legami a rischio
Oscar e Gaia sono felicissimi di aver finalmente ritrovato il padre e il nonno che avrebbero sempre voluto avere vicino. Dopo un primo momento di entusiasmo però, il loro legame inizia a vacillare. Il rapporto tra Oscar e la moglie si fa sempre più precario, mentre Diego sente il peso della mancanza della moglie – ormai defunta – degli amici, della sua vita precedente e inizia a comportarsi in maniera decisamente poco responsabile, in un modo in cui né il figlio né la nipote si sarebbero mai immaginati. Oscar aveva un ricordo sfocato di suo padre, scomparso troppo prematuramente, e lo aveva quasi idealizzato. Ora che Diego è qui con lui, può finalmente vedere com’è realmente. Si rende conto che in fondo lui e suo padre non sono poi così diversi e se ne sente forse quasi spaventato.
Diego non è mai riuscito a comunicare con suo figlio così come Oscar ha difficoltà nel rapporto con Gaia. Quest’ultima si sente frustrata, arrabbiata e incompresa perché sente che l’affetto di suo padre è un bene effimero, sembra che qualunque cosa lei faccia non sia mai all’altezza delle sue aspettative, e di questo si percepisce chiaramente tutta la sua sofferenza.
Ma la perfezione che Oscar richiede a sua figlia non è in fondo la stessa perfezione che anche Gaia chiede a suo padre in qualità di genitore?
Riuscirà dunque il ritorno di Diego a sanare tutte le ferite o si arriverà definitivamente a un punto di rottura?
Una trama e una prosa insoliti
Giorgia Tribuiani ha firmato un romanzo molto particolare e originale che ci racconta, attraverso diverse voci narranti, la fragilità dei rapporti familiari, i vuoti, i silenzi, la rabbia e il dolore ma anche la fortuna di avere una seconda occasione per provare a ricucire ciò che si è interrotto troppo presto.
Lo spunto di trama, un perfetto mix tra reale e surreale, mi è piaciuto moltissimo ma per me è stato difficile immedesimarmi con i personaggi poiché, fortunatamente, io ho, e ho sempre avuto, un bellissimo rapporto con mio papà.
“Padri” offre comunque moltissimi spunti di riflessione su ciò che siamo e su chi vorremmo diventare per i nostri figli, ma soprattutto su quanto sia precario l’equilibrio su cui si reggono i rapporti umani. L’accento viene posto inoltre sull’importanza della comunicazione, perché se questa viene a mancare tutto inevitabilmente si sgretola: i silenzi diventano muri che poi sono difficili da abbattere.
Come dicevo, la storia mi ha colpito molto per il suo aspetto insolito, duro ma anche commovente. Ho avuto però un po’ di difficoltà nella lettura perché lo stile narrativo di Giorgia è piuttosto particolare: non fa uso dei classici discorsi diretti ma scrive tutto come se fosse un unico flusso di idee e di parole. Nonostante l’utilizzo della punteggiatura, risulta a volte difficile seguire i discorsi. Mi sono ritrovata spesso a dover rileggere la stessa frase per non perdere il filo e ciò fa risultare la lettura poco fluida, a mio avviso. Sono abituata a uno stile di scrittura più tradizionale e quindi in questo romanzo ho avuto come un senso di spaesamento, soprattutto all’inizio. Alcuni conoscenti, che avevano letto il libro prima di me, mi avevano messa in guardia su quest’aspetto, ma non mi sono lasciata scoraggiare. Consiglio anche a te di non farlo, perché è una storia in cui vale assolutamente la pena immergerti!
L’autrice
Giorgia Tribuiani è nata nel 1985 ad Alba Adriatica e ora vive a Pescara. Dopo essersi laureata in Editoria e Giornalismo e aver frequentato un master in Marketing e Comunicazione, ha collaborato con diverse testate giornalistiche, agenzie di stampa locali e nazionali e curato la comunicazione online per alcune importanti multinazionali.
Attualmente lavora come docente di scrittura creativa presso la “Bottega di Narrazione” e il “Penelope Story Lab”. Nel 2018 ha esordito nella narrativa con il suo romanzo “Guasti”, edito da Voland e poi nel 2021 è uscito il suo secondo libro dal titolo “Blu”, pubblicato dalla casa editrice Fazi.
Giorgia Tribuiani è considerata una delle scrittrici più interessanti e innovative nel panorama letterario italiano e il suo “Padri” era stato presentato al Premio Strega 2022, anche se poi sfortunatamente non è entrato nella dozzina dei libri finalisti. In occasione dell’uscita del romanzo, in un post sulla sua pagina Instagram, l’autrice ha scritto: “Ho cominciato a scrivere questo romanzo nove anni fa, quando avevo in mente poco più dell’immagine iniziale. Per nove anni – e quattro riscritture complete – ho cercato di capire cosa volesse comunicarmi quella prima immagine, quale storia volessi raccontare davvero; poi d’un tratto, eravamo tutti in lockdown, rileggendo vecchi classici ho trovato l’ultima chiave in una frase di Kafka, dalla Lettera al padre: ‘Poi c’era un secondo mondo, lontanissimo dal mio, nel quale vivevi tu’. Quel dolente desiderio di comunicare destinato a essere costantemente e disperatamente spezzato dalle diverse esperienze che abbiamo, che ci fanno sentire incompresi, da chi non le ha condivise – almeno finché non smetteremo di voler analizzare e processare e capire tutto, scegliendo invece di accettare e perdonare e amare”.
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