Marco Peano è un autore torinese ed editor di narrativa italiana per la casa editrice Einaudi. Nel 2015 Minimum Fax ha pubblicato il suo primo romanzo, “L’invenzione della madre”, che ha riscosso subito un grande successo di critica e di pubblico, vincendo due premi letterari: Premio Volponi Opera Prima e Premio Libro dell’anno di Fahrenheit.
Nel gennaio 2022 è uscito il suo secondo libro, “Morsi”, pubblicato dalla casa editrice Bompiani. Una favola “dark”, a metà tra romanzo gotico e di formazione, che, mescolando elementi reali ad altri quasi surreali, ci racconta di quanto sia duro e complicato crescere e diventare adulti. Un libro che è riuscito a commuovermi e spiazzarmi allo stesso tempo, ricco di suspense, colpi di scena e numerosi richiami ai favolosi anni ‘90: chiunque sia nato e cresciuto in quell’epoca, come la sottoscritta, non potrà non riconoscere almeno alcuni degli elementi citati e provare un piacevole effetto nostalgia.
Sono le vacanze di Natale del 1996 a Lanzo Torinese, un piccolo paesino di montagna non lontano dal capoluogo. Un’abbondante nevicata imbianca la città e la scuola ha chiuso in anticipo a causa di quello che tutti chiamano “l’incidente”: una delle insegnanti ha commesso un terribile gesto che ha scosso non solo gli alunni, ma tutti gli abitanti del paese. Sonia e Teo, i due protagonisti adolescenti, vogliono indagare su quanto accaduto ma presto si ritroveranno soli, a fare i conti con qualcosa di spaventoso, e apparentemente inspiegabile, e a muoversi in un mondo quasi post-apocalittico, che sembra stato abbandonato dagli adulti.
Qualche settimana fa ho avuto il piacere di ospitare Marco nella libreria Essai e di fare due chiacchiere su questo suo ultimo romanzo. Lui è stato davvero carino e molto disponibile nel rispondere alle mie domande; ha inoltre firmato e dedicato alcune copie che puoi trovare in libreria. Ricordati che se non sei di Torino, possiamo spedirti il libro direttamente a casa, a tariffe super convenienti, grazie al prezioso servizio di Libri da Asporto!
Sevorresti saperne di più su “Morsi”, di seguito trovi l’intervista che Marco mi ha gentilmente concesso!
Nelle parole dello scrittore
In quale genere letterario collocheresti il tuo nuovo romanzo e perché?
“Penso che parlare di genere rischi spesso di “ingabbiare” la storia: se l’autore è il primo a etichettarla allora poi il lettore riceverà un libro addomesticato, depotenziato. Morsi è per me una storia d’amicizia che ha molto a che fare col romanzo di formazione. È una storia in cui la paura e il perturbante si mescolano al realismo. Dove lo stupore di ritrovarsi adulti s’innesta nella convinzione di non diventarlo mai. Una storia che mi piace immaginare come quelle che si raccontano intorno al fuoco.“
A mio parere, il titolo che hai scelto, “Morsi”, ha una doppia valenza: fisica e simbolica. Ci racconti come e perché l’hai scelto?
“È proprio così. Inizialmente avevo pensato a un altro titolo, Denti, ma esisteva già il bellissimo romanzo di Domenico Starnone. Mi piaceva l’idea di qualcosa di ancestrale, primitivo, che evocasse fin da subito la ferocia a cui il lettore andrà incontro. E quanto al simbolismo, il libro trabocca di riferimenti: Sonia, la protagonista, soffre di bruxismo e deve tenera il bite ogni notte, inoltre immagina il momento del primo bacio come qualcosa che possa avere a che fare con il mordere; Teo, il comprimario, possiede una pianta carnivora ed è famelico, tanto che divorerebbe ogni cosa che gli si para davanti…“
Nel libro si percepisce quanto sia difficile per i due giovani protagonisti, Sonia e Teo, diventare grandi. Che rapporto c’è tra il loro crescere e gli orrori che accadono intorno a loro?
“Hanno dodici, tredici anni. Sono in quell’età particolarissima in cui non possono più definirsi bambini ma ancora non sono degli adolescenti. Adesso, nel 2022, li chiameremmo “preadolescenti”, ma nel 1996 in cui il romanzo è ambientato erano solo dei ragazzini e basta. Quello che succede loro è che sono costretti a crescere più in fretta del previsto, gli avvenimenti di quel Natale in cui la storia si svolge fanno sì che debbano bruciare le tappe e diventare adulti prima del tempo.“
Come ti è venuta l’idea per questa storia? Eventualmente, da chi o quale altra opera hai preso ispirazione?
“Ero a Lisbona, una città che amo. E mi sono ritrovato a riflettere sulla mia infanzia: all’improvviso ho capito che la casa dei miei nonni materni, che nel romanzo è quella di nonna Ada, sarebbe potuta essere un set perfetto per una storia. Un po’ alla volta ho messo a fuoco una ragazzina che giocava tra la neve nel cortile di quella casa, e una minaccia incombente che arrivava da fuori… volevo saperne di più, per questo poi mi sono messo a scrivere la storia di Sonia Ala.“
Ci sono dei punti in comune tra il tuo precedente romanzo, “L’invenzione della madre”, e quest’ultimo?
“Moltissimi. La provincia, un luogo dell’anima che per me è fonte incessante di ispirazione. E poi la perdita, il lutto: parecchi aspetti che avevo scritto, o appena accennato, nel mio primo romanzo sentivo che andavano ulteriormente indagati. La famiglia, quando qualcosa irrompe e la scompagina. La crescita, una delle cose per me più spaventose.“
Sappiamo che lavori come editor per la casa editrice Einaudi. Com’è passare dalla figura dell’editor a quella dello scrittore? Hai qualche consiglio per chi volesse intraprendere il tuo stesso percorso?
“Ognuno di questi ambiti influenza l’altro, come se fossero due tipi diversi di allenamenti – e la scrittura è la palestra che li accomuna – che permettono di rinforzare la propria consapevolezza e la propria voce. Il consiglio è sempre e soltanto uno solo: leggere, leggere sempre, leggere tutto: dalle etichette dello shampoo ai biglietti del tram.”
Progetti per il futuro: hai già in cantiere una nuova opera letteraria (o non)? Oppure c’è qualcosa di cui vorresti assolutamente scrivere?
“Sono trascorsi sette anni tra il mio primo e il mio secondo libro, sono sicuro che non voglio metterci altrettanto tra il secondo e il terzo. Il che non vuol dire che ho scritto per sette anni di fila, ci mancherebbe, ma l’opera seconda spesso inibisce anche gli autori più spregiudicati. Io che sono un po’ pigro ho cavalcato questa tendenza… Ho molte idee, quella che alla fine vincerà (ne sono certo) sarà una storia che ritengo necessaria.“
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