“Grande meraviglia” è il nuovo romanzo di Viola Ardone, pubblicato da Einaudi a settembre 2023. Con questo libro, l’autrice napoletana chiude quella che possiamo definire una trilogia del Novecento iniziata con “Il treno dei bambini” e proseguita con “Oliva Denaro”.
Avendo amato moltissimo questi suoi precedenti romanzi, di cui avevo parlato anche qui qualche tempo fa, non ho potuto resistere alla voglia di immergermi nella lettura di quest’ultimo che, appena uscito, è balzato immediatamente in cima alla mia lista di libri da leggere!
Il mezzomondo
Elba porta il nome di un fiume del Nord ed è un’adolescente nata e cresciuta al Fascione, un ospedale psichiatrico nei dintorni di Napoli. Il nome l’ha scelto sua madre, che è riuscita a fuggire dalla Germania durante gli anni del muro di Berlino e che poi, purtroppo, è finita vittima di un’altra prigione, quella del manicomio.
Per un po’ di tempo mamma e figlia sono rimaste insieme, ma ora la Mutti (dal tedesco “mutter”= madre) è scomparsa, o almeno così dicono, e ad Elba non resta che crescere in quello che lei chiama mezzomondo, compilando il suo personale diario dei malanni di mente.
Per Elba, il mezzomondo è casa, il solo e unico posto sicuro che conosce. Passa le sue giornate a raccontare alle nuove arrivate come funziona l’ospedale e si diverte a dare i soprannomi più disparati a medici e pazienti.
Tutto sembra trascorrere sempre uguale, almeno finché non arriva il giovane psichiatra Fausto Meraviglia, un “dottorino” egocentrico e rivoluzionario che si mette in testa non solo di tirare fuori Elba da quel posto, ma di chiudere definitivamente tutti i manicomi, come previsto dalla legge Basaglia approvata pochi anni prima.
Il dottor Meraviglia si affeziona talmente tanto a Elba, che decide di portarla a casa con sé, proprio come fosse una figlia. Lui, che non è mai stato un buon marito e un buon padre, imparerà forse proprio con lei la forza, ma anche il peso della paternità. Fino a quando un evento inaspettato rimetterà tutto in discussione.
Un romanzo delicato e struggente
“Grande meraviglia” è un romanzo di formazione bellissimo, delicato e struggente. Viola Ardone dimostra ancora una volta la sua spiccata capacità di trattare vicende poco conosciute e temi di un certo spessore in modo tenero, a volte buffo, mai banale. I suoi romanzi trasmettono sempre un certo senso di leggerezza e, una volta giunti alla fine, non si avverte mai la sensazione di un macigno sul cuore.
Questa sua ultima storia si dipana tra gli anni ’80 e il 2019, in un alternarsi di presente e futuro. All’inizio è Elba a raccontare la vicenda, a narrare in prima persona ciò che vede, ciò che sente, ciò che prova all’interno del manicomio. Il Fascione è un luogo terribile ma, attraverso il suo sguardo, diventa un posto bizzarro e quasi accogliente. Ci strappa un sorriso quando racconta dei medici Colavolpe e Lampadina, dell’infermiera Gillette, di Nana la cana o quando canticchia alcune delle sue filastrocche, recitate come un mantra. Per lei sembra essere tutto un gioco… o forse è solo quello che vuole farci credere.
La seconda voce narrante è quella di Fausto Meraviglia che, a distanza di anni, rivive ciò che è stato del manicomio e il suo incontro con Elba. Quella giovane paziente che, pur di non arrendersi alla scomparsa della mamma, cerca in ogni modo di giustificarsi, di attribuirsi patologie che in realtà non ha per poter restare al Fascione. “Pazza la mamma, pazza la figlia, pazza tutta la sua famiglia”, è ciò che si ripete spesso.
Il rapporto che nasce tra i due è un legame speciale ma allo stesso tempo ambivalente: se da una parte rivela il bisogno di entrambi di essere riconosciuti e amati, dall’altro mette in luce difficoltà e ostilità. Spesso, nella convinzione di fare del bene, si finisce a non saper più ascoltare i bisogni e i desideri dell’altro.
“Grande meraviglia” è un romanzo emozionante, che si legge tutto d’un fiato. Nonostante quella del manicomio possa essere una realtà tanto distante dalla nostra, è impossibile non empatizzare e non affezionarsi alla giovane Elba. Ho amato moltissimo il suo personaggio e la sua evoluzione nel corso della storia: il suo modo innocente di guardare ogni cosa che la circonda, la sua intelligenza e perspicacia, il suo punto di vista sul mondo che si fa poi più maturo e consapevole.
Per certi aspetti, il manicomio in cui vive la protagonista mi ha ricordato le dinamiche di un altro ospedale psichiatrico, quello della Salpetrière di Parigi raccontato da Victoria Mas ne “Il ballo delle pazze”. È incredibile pensare come in due paesi diversi e in due epoche apparentemente molto distanti, possano essere accadute le stesse terribili vicende. Anche al Fascione, così come accadeva in Francia alla fine del 1800, venivano rinchiuse tutte quelle donne considerate ribelli e rivoluzionarie solo perché reclamavano la propria indipendenza. Spesso infatti la pazzia non era reale ma solo presunta: erano i padri, i mariti, i fratelli a farle internare perché erano donne scomode, che ai loro occhi avevano compiuto azioni terribili e che quindi dovevano essere curate. Ed è esattamente ciò che accade anche alla Mutti.
In conclusione posso affermare che Viola Ardone, con questo romanzo, ha davvero scritto la sua terza, grande meraviglia e, con la sua inconfondibile prosa, si conferma una delle mie autrici italiane preferite.
L’autrice
Nata a Napoli nel 1974, Viola Ardone ha trascorso i suoi primi anni vicino a Nuoro per poi rientrare nella città natale, in cui ha frequentato l’Università “Federico II” e si è laureata in Lettere. Negli anni successivi ha lavorato nel settore editoriale, curando principalmente manuali per la scuola, per esami e per concorsi; è poi passata all’insegnamento di italiano e latino nel liceo scientifico statale “De Carlo”, in provincia di Napoli.
Ha scritto fin da bambina, ma l’esordio come autrice è avvenuto nel 2012 con il romanzo “La ricetta del cuore in subbuglio”, pubblicato da Salani, seguito nel 2016 da “Una rivoluzione sentimentale”. Il vero successo però è arrivato nel 2019 con “Il treno dei bambini”, edito da Einaudi. Il romanzo è stato un caso editoriale alla Fiera di Francoforte di quell’anno ed è stato tradotto in oltre trenta lingue. Nel 2021 ha inoltre vinto il premio Wondy per la letteratura resiliente.
Sempre nel 2021 è uscito “Oliva Denaro”, romanzo vincitore del premio letterario Io Donna “Eroine di oggi”, dedicato alle autrici italiane e alle loro storie al femminile. Il libro è stato anche candidato al premio Strega 2022. Nel 2023 è stato annunciato che la regista Cristina Comencini avrebbe diretto un film liberamente tratto da “Il treno dei bambini”: prodotto per Netflix Italia, l’adattamento cinematografico vedrà protagonisti Barbara Ronchi, Serena Rossi e Stefano Accorsi. Le riprese, iniziate a fine settembre a Torino, sono proseguite a Salerno, Napoli, in provincia di Reggio Emilia e in Toscana, e dovrebbero concludersi in questo mese, dicembre 2023.